Roma, 23 settembre 2023 – In 6 mesi è aumentata fino a 80 euro la spesa per colf e badanti a carico delle famiglie.
Nonostante nel 2022 il comparto domestico abbia contribuito al 5,6% dell’occupazione nazionale, dando lavoro a 1.429.000 collaboratori (regolari e no), l’emergenza inflazione ha cominciato a pesare sulle famiglie italiane determinando nei primi sei mesi del 2023 un aumento medio del costo dei servizi di assistenza forniti dai collaboratori domestici pari a 58 euro (passando da 733 di gennaio a 791 di luglio), che diventano quasi 80 euro netti nel caso della badante, con pesanti ricadute sui budget familiari.
Sono questi alcuni dei risultati dell’indagine contenuta nel 4° Paper del Rapporto 2023 “Family (Net) Work – Laboratorio su casa, famiglia e lavoro domestico”, messo a punto dad Assindatcolf (Associazione Nazionale dei Datori di Lavoro Domestico), in collaborazione con Fondazione Studi Consulenti del Lavoro.
Dal 2000 a 2022, secondo i dati di contabilità nazionale di fonte Istat, l’occupazione in ambito domestico è aumentata del 30,5%, a fronte di un dato medio del 10,9%. Su 2,5 milioni di nuovi posti di lavoro sorti in più di 20 anni, 334.000 (il 13,3%) sono stati creati grazie alle famiglie italiane. Un forte segnale della rilevanza di questo settore sul versante occupazionale, economico e sociale del Paese, che necessita di essere valorizzato maggiormente. A questo si aggiunge la questione del lavoro sommerso. Nelle collaborazioni domestiche si concentra il grosso dell’occupazione dipendente irregolare in Italia, pari al 35,6% del totale; un dato eclatante se si considera che il settore pesa, in termini occupazionali, per il 7,8% sul totale dell’economia.
Se le attività di collaborazione domestiche fossero tutte “in chiaro”, il tasso di irregolarità del lavoro dipendente in Italia passerebbe dall’attuale 11,4% al 7,3%, con una contrazione di 4 punti percentuali.
Al fine di studiare gli effetti prodotti sui consumi delle famiglie, a luglio scorso Assindatcolf ha promosso un’indagine presso i propri associati, da cui risulta che nei primi 6 mesi dell’anno la spesa che queste hanno sostenuto per servizi domestici è mediamente aumentata di 58 euro al mese (+7,8%), passando da 733 di gennaio a 791 di luglio.
Nel dettaglio, la retribuzione corrisposta mediamente alla colf è passata da 546 euro netti di gennaio ai 561 di luglio; della baby-sitter da 747 a 859, mentre per le badanti, l’incremento netto si avvicina ai 100 euro, passando da 1.146 a 1.224.
Tale balzo in avanti ha causato ricadute sulla spesa, diventata insostenibile per il 36,9% delle famiglie: a gennaio dello stesso anno la percentuale era del 25,6%.
Più in difficoltà i nuclei a basso reddito, dove la quota di quelli che hanno dichiarato insostenibile la spesa è cresciuta in 6 mesi passando dal 67,1% di gennaio al 79,7% di luglio.
Nel 2022 il settore delle collaborazioni ha registrato una flessione occupazionale di quasi 100 mila occupati. Oltre al caro vita e ad un fisiologico ridimensionamento successivo alla sanatoria introdotta con il Decreto Legislativo n.52/2020, che aveva prodotto un netto incremento del numero di collaboratori, pesa anche l'innalzamento dell'età media dei collaboratori. Un fenomeno, quest’ultimo, che determinerà un fabbisogno crescente di nuovi collaboratori nei prossimi anni.
Basti pensare che, negli ultimi dieci anni, la quota di collaboratori con più di 50 anni è passata dal 34,6% del 2013 al 52% del 2022. E per quanto riguarda le badanti tocca il 62,2%.
“Restiamo convinti che per sostenere economicamente le famiglie, ma anche per porre un argine al dilagare del lavoro sommerso, occorra modificare la fiscalità introducendo la totale deduzione del costo che i datori sostengono per colf, badanti e baby sitter. Rimane il fatto che una spesa irrinunciabile come quella per la non autosufficienza e per i bambini non tutti possono permettersela. È quindi fondamentale che a fianco della deducibilità fiscale si dia spazio ad un assegno unico più sostanzioso e che arrivi presto la Prestazione universale per la non autosufficienza.
Contiamo che già nella Legge di Bilancio vi siano indicazioni chiare in questa direzione: pensiamo al raddoppio della deducibilità dei contributi Inps, al finanziamento della Prestazione universale, ed anche all’inclusione dei lavoratori domestici nell’abbattimento del cuneo fiscale e contributivo”, dichiara Andrea Zini, presidente di Assindatcolf.
Sono diventati marito e moglie, Gessica Notaro e Filippo Bologni, rispettivamente di 33 e 29 anni. Si sono detti sì nei giorni scorsi in una cerimonia fiabesca tenutasi presso la Reggia di Venaria Reale, alle porte di Torino. Erano presenti 500 invitati. I neo sposi si sono incontrati nel 2019. La loro storia d'amore è iniziata poco dopo, nel 2020.
Il primo incontroFilippo Bologni, emiliano, nato nel 1994, è un campione italiano di equitazione specializzato nel salto a ostacoli. È figlio d’arte: il padre Arnaldo ha partecipato alla stessa disciplina alle Olimpiadi di Barcellona, nel 1992, e a quelle di Atlanta, nel 1996. Filippo ha cominciato a cavalcare da bambino e da ragazzino ha iniziato a partecipare alle competizioni. Prima di un’importante gara a Fieracavalli a Verona, nell’autunno del 2022, Bologni si è inginocchiato davanti alla sua fidanzata per chiederle di sposarlo. Si erano conosciuti proprio in quel luogo tre anni prima. La Notaro ha raccontato che ha incontrato Filippo in un giorno in cui io lei faceva da testimonial a un evento. Lui aveva appena vinto una gara di Coppa del Mondo. È stato Filippo che ha spronato Gessica a salire in sella e a coltivare la passione per i cavalli.
Le nozzeAnche nel grande giorno di Gessica e Filippo la presenza dei cavalli, che è stata un po’ galeotta del loro amore, non poteva mancare. Notaro è arrivata a bordo di una carrozza trainata da cavalli bianchi alla Reggia di Venaria, che è una location amata dalla modella e attivista. Lì Gessica era già stata in veste di madrina al ballo delle debuttanti. La sposa indossava un abito bianco provvisto di un corpetto bustier ricamato, con manicotti e un’ampia gonna. La sua acconciatura era romantica, con qualche fiorellino oltre al tradizionale velo. Lo sposo è arrivato all'altare indossando degli insoliti stivali da equitazione. Del resto la Reggia di Venaria Reale, in origine, era una tenuta di caccia. La cerimonia si è svolta con rito civile. I due si sono scambiati le promesse d’amore sotto un arco di rose. Filippo e Gessica non hanno voluto nessun regalo di nozze, suggerendo ai loro ospiti di fare una donazione alla Fondazione Puzzilli. In collaborazione con questo ente e Luciano Ponzi Investigazioni e Sicurezza, la Notaro si sta occupando del lancio di progetto Agata. Si tratta di un’iniziativa che dà la possibilità alle donne, anche a coloro che hanno già denunciato qualcuno per violenza e abusi, di essere affiancate da una rete di sentinelle, professionisti e investigatori che possano difenderle da stalker, molestatori e aggressori.
Gessica NotaroGessica Notaro, classe 1990, originaria di Rimini, è stata finalista a Miss Italia nel 2007. Dieci anni dopo, nel gennaio 2017, la modella, che lavorava anche al delfinario della sua città, ha subito un’aggressione da parte del suo ex, Jorge Edson Tavares. La loro storia era finita da poco.
Tavares ha gettato dell’acido sul viso dell’ex partner, sfregiandole il volto e causandole gravi ferite e danni permanenti. La modella si è dovuta sottoporre a numerose operazioni difficili e dolorose. Da allora la Notaro, che oggi è imprenditrice, si è affermata anche come una delle voci più conosciute e impegnate, in Italia, nella lotta contro la violenza di genere.
Roma, 23 settembre 2023 – Lo shopping online è sempre più mobile: quasi il 50% degli italiani compra direttamente dal proprio smartphone. Questa è uno delle principali indicazioni emerse dall’indagine globale condotta da Planet, provider di pagamenti e software integrati per hospitality e retail.
Secondo questi dati, infatti, il 60% degli italiani intervistati effettua le proprie ricerche per lo shopping sul proprio smartphone. Device che viene preferito per completare gli acquisti da ben il 48% del campione. Per i pagamenti, invece, si prediligono i metodi di pagamento digitale alternativi, seguiti da quelli con carta di debito o credito. In Italia, inoltre, l’uso delle carte prepagate resta ancora rilevante - statistica in controtendenza con la media internazionale. Ancora indietro sono i metodi di pagamento rateali (per esempio Klarna), scelti da solo un italiano su dieci.
Lo studio offre spunti importanti soprattutto ai venditori, poiché presenta alcuni fattori fondamentali nello shopping online italiano, ma non solo. Il dato più importante tra quelli studiati è la facilità del reso. Quasi la metà degli italiani, infatti, ritiene che la semplicità di reso e di cambio sia l’aspetto decisivo per rendere l’esperienza di acquisto positiva. A seguire, altri fattori importanti sono: la presenza del proprio metodo di pagamento preferito - elemento significativo anche per l’acquisto in negozio -, la visibilità dello stock e l’offerta di diverse opzioni di consegna.
E, proprio in riferimento alla consegna, la sua velocità non sembra essere decisiva: per il 51% degli intervistati italiani è più importante la precisione nell’arrivo della merce. Questo di certo non significa che la velocità non sia apprezzata: un italiano su tre, infatti, apprezza la consegna nella stessa giornata.
Al pari della facilità del reso e della precisione della consegna, la sicurezza si dimostra un fattore determinante. Per il 44% degli intervistati, un sito non degno di fiducia compromette l’acquisto. Allo stesso modo, un sito che reindirizza verso altre pagine non trasmette sicurezza a ben il 32% del campione. Un italiano su due, invece, ritiene di essere in buone mani quando si trova costretto a passare per l’autenticazione della propria banca prima dell’acquisto.
Allargando lo studio su scala globale, alcuni aspetti passano in secondo piano, così come altri rimangono decisivi. Tra questi ultimi vi è sicuramente la facilità con cui effettuare il reso: in particolare, i numeri più elevati si registrano in Danimarca, Francia e Spagna. Fuori dall’Europa, per gli shopper statunitensi, emiratini, arabi, messicani, brasiliani ad essere imprescindibile è, invece, la possibilità di addebitare gli acquisti con la propria valuta locale.
Roma, 23 settembre 2023 – Quando si cercano delle soluzioni di investimento e ci si rivolge ad una banca, questa può offrire anche i cosiddetti certificates. Si tratta di una soluzione che può interessare capitali di diverse dimensioni, siano essi piccoli, medi o grandi, che si sostanzia nell’investimento in titoli strutturati e quotati sui mercati finanziari che perseguono obiettivi che possono variare a seconda della tipologia di titolo.
Da un punto di vista strettamente tecnico, i certificates sono dei derivati cartolarizzati, ovvero degli strumenti finanziari che hanno un andamento basato su una data sottostante. Quest’ultima può essere un’azione, piuttosto che un indice o un paniere di strumenti finanziari. Ad emettere i certificates, come detto, sono le banche, con gli strumenti che vengono quotati e scambiati all’interno dei mercati finanziari.
Provare a spiegare il funzionamento e le caratteristiche generiche dei certificates non è un’operazione molto semplice in quanto all’interno di questa dicitura può ricadere una vasta gamma di strumenti finanziari. Tra le tipologie di certificates più diffusi troviamo:
- quelli a capitale garantito, o protetto, che prevedono che alla scadenza dell’investimento venga garantito un ritorno minimo all’investitore. Tale ammontare è stabilito in sede di contrattazione, ma potrebbe anche venire meno in caso di fallimento del soggetto emittente, ovvero la banca;
- a capitale parzialmente protetto, con il rimborso a scadenza che avviene solo nel caso in cui non si verifichi una data condizione definita come evento barriera. Se, invece, tale fattispecie dovesse configurarsi, l’investitore potrebbe avere un rimborso inferiore rispetto al capitale investito;
- a capitale scoperto, con l’investitore che non ha nessuna forma di garanzia e il rimborso che deriva dal valore della sottostante;
- a leva, con i derivati che sono una replica a leva del valore della sottostante, sia che questa abbia segno positivo o negativo. L’utilizzo tipico di questa tipologie di certificates è nelle attività speculative o nel trading di breve termine.
Dai discorsi fin qui affrontati appare evidente che investire nei certificates possa comportare dei profondi rischi che, tuttavia, una volta assunti potrebbero portare a ritorni interessanti dell’investimento effettuato. Il rischio principale di questa soluzione di investimento è rappresentato dal fatto che, anche in presenza di certificates garantiti, in toto o parzialmente, si ha un’insolvenza in caso di fallimento dell'istituto emittente. È bene dunque accettare questa modalità di investimento solo in presenza di un emittente solido e sicuro, avendo però la consapevolezza che non potrà mai esserci un emittente del tutto esente dalla possibilità di fallimento. Questi alti rischi, tuttavia, possono portare in presenza di condizioni favorevoli a rendimenti di elevato importo, proprio nella logica che ad un alto ritorno corrisponde sempre una rischiosità maggiore. Per poter sfruttare al meglio questi benefici, è necessario utilizzare i certificates muovendosi in maniera consapevole e con una strategia di investimento chiara. L’investitore deve dunque avere degli obiettivi chiari da perseguire e, di norma, alternare ad investimenti rischiosi come questo anche altre forme contraddistinte da una maggiore sicurezza. Fondamentale è, infine, anche l’esperienza e le capacità acquisite dall’investitore nel campo dei mercati e degli strumenti finanziari.