BIOTESTAMENTO,IERI LA SVOLTA
La giunta di Pordenone, a tre anni e mezzo da quanto sancito dal consiglio comunale, ha deliberato di istituire il registro per le dichiarazioni anticipate di volontà relative ai trattamenti sanitari (o “biotestamento” o “testamento biologico”). Una decisione che – è facile prevederlo – continuerà a dividere, visto che la materia, di per sè delicata già dal punto di vista scientifico, si è attirata opposte visioni ideologiche. Nel registro comunale verranno annotate le dichiarazioni rese dai cittadini di Pordenone sui trattamenti medici «cui intendono essere sottoposti o meno – si specifica in delibera – in caso di malattia o lesione celebrale irreversibile o invalidante o in caso di malattia che costringa a trattamenti con macchine o sistemi artificiali che impediscano una normale vita di relazione». Il testamento biologico ha al momento una funzione di «dichiarazione di intenti».
«Oggi in Italia non esiste una legge specifica – ricorda l’assessore alle Politiche sociali, Vincenzo Romor –. La raccolta non ha alcun valore legale e tanto meno non aggiunge valore probatorio alla dichiarazione, rispetto alla situazione in cui la stessa sia conservata a casa della persona interessata, consegnata all'amministratore di sostegno, portata a un legale, ricevuta da un notaio o depositata dal proprio medico di medicina generale. Questa azione garantisce alla persona la possibilità di far conoscere, quando non sarà più in condizioni di potersi gestire, la propria volontà, che può aiutare il giudice a prendere una decisione equa tenendo conto della dichiarazione anticipata di trattamento». Romor ricorda come tutto ciò si rifaccia ai dettami costituzionali (in particolare, secondo l’articolo 32, «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge») e alla convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina del 1997. Dal 2001 l’Italia è alle prese con la ratifica della convenzione, non ancora avvenuta. Un’accelerazione sulla discussione in parlamento c’è stata dopo l’autorizzazione della Corte d’appello di Milano, il 9 luglio 2008, a togliere l’alimentazione artificiale a Eluana Englaro. Ma ancora non s’è raggiunta la quadra. Ancora, la Cassazione ha affermato che «il giudice può autorizzare la disattivazione del presidio sanitario – specifica Romor – in caso di stato vegetativo irreversibile e dichiarazione del paziente provata». Sul piano politico, lo scontro non è mai cessato. «Quando l’ideologia diventa piedistallo della riflessione – osserva Romor – si creano più fronti contrapposti. La discussione filosofica verte sulla differenza tra azione della medicina e azione della nutrizione e idratazione: per alcuni desistere dall'accanimento terapeutico significa sospendere medicine, alimentazione ed idratazione, per altri alimentazione e idratazione sono sostentamento della vita per cui la loro sospensione sconfinerebbe nella eutanasia». Il Comune ha scelto per l’attivazione del registro e ciò «significa anche invitare il parlamento a legiferare», osserva Romor. Il luogo individuato per la compilazione e conservazione del registro – prossimamente – è la segreteria generale del palazzo municipale. Si è inoltre dato mandato al segretario generale a definire i rapporti col Consiglio notarile. Ovviamente, si lascia spazio a eventuali novità in materia in caso di approvazione della proposta di legge regionale 55, che prevede la competenza in merito dell’Azienda sanitaria. Per Romor, in questo senso, sarebbe il medico di medicina generale il soggetto migliore per la gestione del registro: se ne riparlerà a eventuale legge regionale approvata. Tra chi ha accolto con soddisfazione l’istituzione del registro (già realtà in 31 Comuni in regione) c’è Sonia D’Aniello (gruppo misto), che più volte ha sollecitato il Comune a procedere con l’istituzione del registro.
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