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Ma tra Silvio e Umberto gli abbracci non bastano

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ROMA ? I baci, gli abbracci, le promesse di fedeltà, l'amore coniugale del lunedì sera sacrificato per le cene con l'Umberto, il patto di ferro e l'invincibilità. Tra Berlusconi e Bossi le cose non sono mai andate così bene. Ma in questa amicizia politica e non, sbandierata al congresso milanese della Lega, c'è più di qualcosa che non torna.
O meglio, a tornare sono solo i conti di Berlusconi. Da quando ha stretto il patto con l'Umberto, la strada di Silvio s'è fatta in discesa: vittoria alle politiche («assieme siamo invincibili»), maggioranza parlamentare schiacciante, Lega senza il quorum nel proporzionale. E un futuro radioso per lo strapotere di Forza Italia, come spiegano i sondaggisti: il Carroccio scivola sotto il 3 per cento e non guadagna elettoralmente nulla dall'abbraccio con Berlusconi. Anzi, ne resta avviluppato e viene cannibalizzato. L'elettore moderato nordista di centrodestra non guarda certo più a Bossi, come conferma l'esperto Mannheimer. E' intuitivo: perché mai un piccolo commerciante lombardo, con l'euro in tasca, dovrebbe essere affascinato dalla ristretta prospettiva padana? Casomai seguirebbe Tremonti, che è un faro per i post leghisti, ma è ministro di Forza Italia.
Sempre più marginalizzato, il popolo leghista cavalca posizioni radicali, scimmiottando e strattonando il suo leader: oltranzista sugli immigrati da sfiorare la xenofobia; antieuropeista e padano sfegatato; fanatico di una devolution spinta che terremota il rapporto tra Stato ed enti locali. Il federalismo non è più un suo cavallo di battaglia, se ne sono impossessati tutti, persino l'Ulivo. E l'orto di Bossi è sempre più angusto.
La prospettiva per il premier ? a questo punto ? è ancora più incoraggiante: il trend elettorale leghista è in discesa. Tra un po' per scovare un bossiano ci vorrà la piccola vedetta lombarda. Sarà una coincidenza, ma mai prima di oggi s'era sentito, alla vigilia del congresso, un Bossi che abbia ipotizzato un suo addio, come invece ha fatto: «Tra cinque anni, quando avremo trionfato, mi ritirerò in provincia». Fesso non è mai stato, avrà fiutato l'aria chissà da quanto.
Anche Bertinotti, che di strappi se ne intende, vede la stessa fotografia: «Penso che Bossi sia in un'obiettiva difficoltà a garantire la continuità di un profilo identitario...». E cioé: nel momento in cui si trova immerso nella Roma ladrona non gli resta che prendersela con Bruxelles e Strasburgo.
Dunque, i conti elettorali di Berlusconi tornano. Quelli di Bossi neanche un po'. Ma il problema vero ora riguarda i conti politici. Fini e Casini, An e i centristi, sono assai poco in linea con le sparate leghiste. Senza parlare di cosa pensa sull'argomento il Quirinale. Ma se Bossi dovrà continuare a battere colpi per esistere e differenziarsi, come farà il Cavaliere a garantire sempre per lui? E quali prezzi dovrà pagare in cambio per farlo stare buono? Il rischio è che gli abbracci non bastino più. Dovrà passare ai placcaggi. O a calcioni milanisti alla Gattuso.

di CLAUDIO RIZZA

Data: 
Martedì, 5 March, 2002
Autore: 
Fonte: 
IL MESSAGGERO
Stampa e regime: 
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