Lo Stato e la legge del mercato
Bruxelles. "Lasciate che i morti seppelliscano i loro morti", dice Marco Pannella.
E il morto adesso è la Fiat. Morto che cammina, già da un po' di tempo: "La Fiat, come industria che in termini di mercato aveva ragione di esistere, è finita da decenni -continua Pannella - ma questa è solo la conseguenza prevista, dannosa e costosissima, di un regime dove le idee non circolano e dove i sindacati, soprattutto la Cgil, hanno nutrito fin dagli anni Cinquanta un corpo morto a spese dei meno garantiti, dei pensionati, dei disoccupati. Al capezzale del Lingotto dovrebbero stare oggi, e naturalmente non ci stanno, quei sindacalisti che sono stati sostenitori e difensori determinanti del protezionismo, dello sviluppo malato e non libero, soprattutto non libero politicamente, del mercato".
Gli fa eco l'eurodeputato radicale Benedetto Della Vedova: "La crisi della Fiat nasce da un modello in cui Stato e mercato si confondono: per affrontare questa crisi in maniera strategica bisogna invece che Stato e mercato vengano separati chirurgicamente".
Quindi? "Lo Stato non metta un centesimo nella Fiat, non interferisca: si occupi piuttosto delle persone che perdono il posto, ma senza usare impropriamente l'arma della cassa integrazione. Crei le migliori condizioni per il ricollocamento dei lavoratori, faccia tutto il possibile, anche incentivando la mobilità territoriale, ma niente soldi pubblici agli Agnelli".
La posizione dei radicali è chiara: se la Fiat ha un progetto industriale che funziona, allora l'aiuto dello Stato sarebbe pleonastico, oltre che deleterio: "Si mettano alla prova, invece, trovino partner industriali e finanziari, italiani o stranieri; non le fondazioni bancarie, che sono gestite da emissari dei partiti e che rappresenterebbero quindi un coinvolgimento dello Stato e della politica nella crisi". Se invece la Fiat non ha prospettive, allora è inutile prolungarne "in modo sadico" l'agonia, "tanto la deflagrazione, piaccia o no, avverrà comunque".
Benedetto Della Vedova porta a esempio la Gran Bretagna dei primi anni Ottanta, con la crisi dell'intera industria automobilistica: "Margaret Thatcher non aiutò le aziende, lasciò fare al mercato. Il risultato è che oggi non ci sono più grandi aziende britanniche, ma c'è una forte presenza dell'industria automobilistica, senza la proprietà inglese: il mercato è questo, e un aiuto statale alla Fiat oggi aumenterebbe solo la probabilità che la produzione automobilistica in Italia scompaia". Come nel 1986, con il "grave errore" Alfa Romeo: "I sindacalisti dovranno pentirsi oggi - dice Della Vedova - per non aver permesso allora, con Romano Prodi e Bettino Craxi, la vendita dell'Alfa Romeo alla Ford, scegliendo invece la sola acquisizione del marchio da parte della casa torinese. In questo modo ne hanno liquidato la produzione, mentre una presenza Ford avrebbe incentivato la competizione della Fiat. Si doveva scegliere il mercato. Non si è fatto allora, facciamolo ora".
Ha da ridire Pannella anche sull'incontro che il presidente del Consiglio ha avuto l'altro ieri ad Arcore con i vertici del gruppo torinese. "Una scena istituzionalmente cafona, dice, ricevere a casa sua lo stato maggiore Fiat con le pezze al sedere e in stato di mendicità. Che come sempre chiede di rubare dalle tasche dei contribuenti, quelli che il sindacato non ha mai difeso.
Ma può Berlusconi, liberista, libertario, tremontiano, bossiano, pensare a una rinazionalizzazione della Fiat?".