Il 16 e il 17 aprile prossimo si terrà presso l'ufficio ONU di Vienna il cosiddetto (neologismo orrendo) "segmento ministeriale della Commissione Narcotici". Per quell'occasione, con spot tambureggianti su Radio radicale in cui Pannella invita alla mobilitazione e a firmare on line su antiprohibitionist.org, il Partito radicale transnazionale promette battaglia sulle Convenzioni Onu in materia di narcotici e stupefacenti (quelle del 1961, del 1971 e del 1988) che sono le vere madri di ogni proibizionismo. Promettendo una svolta contro una politica anti droga considerata ormai alle corde da quasi tutti gli stati d'Europa e adesso anche in alcuni del terzo mondo (tra cui la Colombia) molto tentati dalla legalizzazione e dalla regolamentazione statale.
Ecco la sostanza dell'appello di Pannella e del Prt: "..riteniamo che la politica della proibizione delle droghe derivante dalle Convenzioni ONU del 1961, del 1971 e del 1988 sia la vera causa del danno crescente che la produzione, il traffico, lo spaccio e il consumo di sostanze illegali apportano a intere settori della società, all'economia nonché alle pubbliche istituzioni, minando la salute, la libertà e la vita degli individui.
Ci appelliamo al Segretario Generale e agli Stati membri dell'ONU affinché prenda in esame i risultati positivi ottenuti tramite l'attuazione di politiche in diversi paesi, che implicano la riduzione del danno e del rischio (in particolare attraverso l'amministrazione di sostanze sostitutive), la depenalizzazione del consumo di certe sostanze, la depenalizzazione parziale della vendita della cannabis e dei suoi derivati, e la distribuzione di eroina sotto controllo medico.
Ci appelliamo al Segretario Generale e agli Stati membri dell'ONU perché prenda tutte le misure necessarie per rendere più efficaci la lotta alla criminalità organizzata e al traffico degli stupefacenti, stabilendo un sistema per il controllo legale e la regolamentazione della produzione, la vendita e il consumo di sostanze attualmente illegali;
ci appelliamo al Segretario Generale e agli Stati membri dell'ONU perché venga avviato un processo di revisione delle Convenzioni ONU in occasione della conferenza di revisione delle politiche ONU sulle droghe, che si terrà a Vienna nel mese di aprile 2003, in modo da abrogare o emendare le Convenzioni del 1961 e del 1971, allo scopo di riclassificare le sostanze e designare altri impieghi legali delle droghe oltre a quelli per scopi medici e scientifici, e di abrogare la Convenzione del 1988".
Ma su cosa si basano le convinzioni radicali in materia?
La battaglia anti proibizionista è, come è noto, un cavallo di battaglia pannelliano da quasi 40 anni. E tutti sanno che le occasioni migliori sono state perse all'inizio degli anni ?70 quando paesi meno retrogradi del nostro (Olanda, Danimarca e Svizzera, solo per fare un esempio) iniziarono una sostanziale (anche se non formale e legale) depenalizzazione di uso e possesso delle droghe leggere e una somministrazione medica di quelle pesanti.
Altri, quelli del cartello di Stoccolma, tentarono invece la via di mandare in carcere quanti più drogati possibili, con i risultati che stanno sotto gli occhi di tutti. Le politiche sulle droghe a livello internazionale derivano dalle Convenzioni delle Nazioni Unite del 1961, del 1971 e del 1988, e vietano, in particolare, la produzione, il traffico, il commercio e il consumo di un'intera gamma di sostanze se non per scopi medici o scientifici.
Ma, nonostante l'impiego massiccio di forze di polizia e di altre risorse dedite all'applicazione di tali Convenzioni ONU, nel corso degli ultimi trent'anni, la produzione, il consumo e il traffico di sostanze illegali sono cresciuti in modo esponenziale, decretando un fallimento che anche le polizie di mezzo mondo e le autorità carcerarie riconoscono.
La lunga storia del proibizionismo, che data guarda caso dalla fine degli anni ?30, cioè sostanzialmente da quando finì il proibizionismo alcoolico e alcuni gruppi mafiosi italo americani fecero pressioni su sindaci come Fiorello la Guardia a New York, perchè venisse messa fuori legge la marijuana (con grottesche campagne mediatiche in cui si indicava quella sostanza come responsabile degli stupri di donne bianche da parte dei negri) regalando loro un'entrata formidabile con cui sostituire quella degli alcoolici, ha dimostrato irrefutabilmente che il ricorso esclusivo all'azione governativa, tramite il diritto penale e la polizia, ha un effetto solo marginale sul controllo dell'abuso di sostanze stupefacenti.
La crescita dei profitti che le organizzazioni criminali ricavano dal commercio di sostanze illegali e che vengono reinvestiti in attività criminali o circuiti finanziari legali "hanno raggiunto una proporzione tale da minare le fondamenta delle istituzioni legali e dei governi di mezzo mondo" e i radicali giustamente rilevano che "la redditività del commercio di sostanze illegali può condurre solamente ad un aumento del numero dei paesi coinvolti nella produzione di droghe e generare investimenti massicci nella ricerca e nella produzione di nuove droghe chimiche". Inoltre l'effetto principale dello sviluppo di ingenti quantità di risorse per contenere il traffico delle sostanze illegali ha provocato l'aumento dei costi di vendita ("la tariffa criminale") ad esclusivo beneficio delle mafie organizzate.
Poi c'è il problema dei consumatori : di solito "non possiedono alcuna informazione attendibile in merito alla composizione e agli effetti dei narcotici e al fatto che vengono, di conseguenza, esposti a rischi (inclusa la morte per overdose e la trasmissione del virus HIV/AIDS) che superano di gran lunga la pericolosità insita nelle sostanze stesse".
La clandestinità del consumo di sostanze illegali è spesso un ostacolo insormontabile al lavoro di prevenzione oltre che di assistenza da parte delle autorità pubbliche e delle organizzazioni private. Tutti sanno che la forte necessità economica spinge i consumatori di sostanze illegali a diventare essi stessi spacciatori, incrementando così ulteriormente l'abuso di droghe.
E le carceri di tutti i paesi del primo, secondo e terzo mondo scoppiano sostanzialmente di drogati e di piccoli spacciatori. Pannella, con quei gesti di eroica visionarietà con cui si slancia in queste battaglie impossibili, si chiede "usque tandem", e invita tutti, ma proprio tutti, gli uomini ragionevoli e di buona volontà a firmare questo appello da consegnare il prossimo 16 aprile al successore di Pino Arlacchi e a tutti i burocrati arlacchisti dell'Onu affinchè ripensino queste anacronistiche convenzioni che impediscono ai singoli stati di adottare alla luce del sole politiche antiproibizioniste per il contenimento delle sostanze illegali. E di conseguenza ad applicarle sottobanco come fanno in Europa Olanda, Germania, Svizzera, Spagna e Portogallo.
Il nodo della questione ormai è semplice: da una parte la lobby delle mafie che corrompe i politici e preme per il mantenimento del proibizionismo, alleandosi con i "professionisti dell'antidroga" a livello mondiale e con l'Onu che poi è lo stesso che tollera la Libia a presidente della Commissione diritti umani, dall'altra alcuni "utopisti" come Pannella che fanno quello che devono in attesa che accada quello che può.
Dimitri Buffa
dimitribuffa@libero.it