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Quel Daniele Capezzone che traumatizza la partitocrazia

Testo: 

di Francesco Pullia

Sono molte le questioni affrontate da Daniele Capezzone, con la consueta intelligenza, nel suo libro, appena pubblicato, Uno shock radicale per il XXI secolo. Ne ha già ampiamente parlato la settimana scorsa Gualtiero Vecellio su questo quotidiano e tuttavia vale la pena soffermarsi ulteriormente sugli stimoli propositivi contenuti nel testo. Innanzitutto va detto che il dinamico segretario di Radicali Italiani appartiene, per la sua indubbia capacità di leggere, interpretare e progettare il presente, alla migliore tradizione del partito riorganizzato, ormai quasi cinquant'anni fa, da Marco Pannella. Non gli mancano di certo quel rigore di pensiero e quella straordinaria propensione a percepire l'immediato prefigurando nello stesso tempo il futuro che risultano storicamente appartenere alle figure più rappresentative del radicalismo.
L'attualità della sua prospettiva e la forte componente previsionale, anticipatrice, gli derivano paradossalmente proprio dall'essere profondamente calato, nonostante la giovane età, all'interno di una tradizione come quella radicale, la cui forza innovatrice, propulsiva, secerne costantemente, trasuda storia, costituendo un inestimabile patrimonio (antico, molto antico) di speranza, anticonformismo e volontà riformatrice. In secondo luogo, va sottolineato che Capezzone, con questo volume di oltre duecentoventi pagine, arricchito da un'ampia e articolata appendice che ripercorre, anche con l'ausilio di un apparato fotografico, i momenti salienti di un fecondo itinerario di strenue battaglie di civiltà, pone alle forze politiche una domanda cruciale ed inelusibile.
Chiede cioè se, al di là di stereotipi e infingimenti, intendano davvero raccogliere la sfida di un mondo sempre più plurale, comprensibile e afferrabile attraverso una chiave di lettura non univoca e totalizzante. Da una parte, infatti, si possono collocare coloro che in nome di pseudorivoluzioni o di altre visioni conservatrici (nessuno è più conservatore di chi si nutre dell'enfatico mito rivoluzionario che tutto vorrebbe distruggere senza nulla mutare) legittimano e, anzi, rafforzano quelle distorsioni e carenze illiberali che nel nostro mondo alimentano il circolo vizioso di violenza, disperazione, iniquità. Dall'altra si ritrovano, invece, coloro che, senza dettami ideologici, mossi unicamente da passione per la libera scelta individuale si adoperano, senza remore e tentennamenti, per offrire una via d'uscita dall'illegalità, dall'oscurantismo proibizionista, dallo statalismo inadeguato e inefficiente. La via proposta da Capezzone non è quella dell'ipocrita etica condivisa che, in nome di un presunto accordo consensuale tra le parti, incentiva il mantenimento dell'assetto generale e l'impudenza del non cambiamento. Al contrario, lo shock radicale, cui si allude nel titolo, consiste nella massima valorizzazione di ciò che d'individuale (e, quindi, plurale) è racchiuso nel concetto stesso di cittadinanza. Detto altrimenti, e per usare le parole dell'autore, "si tratta di lavorare perché siano rimossi gli ostacoli che tuttora si frappongono pesantemente alla realizzazione del diritto individuale di ciascuno alla libertà e alla democrazia".
Ne deriva, come diretta conseguenza, la necessità di riforme strutturali, liberali e liberanti, in ambito istituzionale, economico, giuridico che sottraggano il cittadino all'ingerenza pressante dello stato. In quest'ottica, sostiene Capezzone, "le categorie tradizionali della "destra" e della "sinistra" si rivelano ferri vecchi, attrezzi inadeguati a soddisfare le attuali "domande" politiche e sociali. "Oggi - continua - lo spartiacque tende a divenire soprattutto un altro, e cioè la propensione ad allargare o, all'opposto, a restringere, la sfera della scelta individuale e privata rispetto a quella della decisione pubblica e collettiva". Ed ecco allora accentuarsi il discrimine tra visione anticlericale (ben differente dallo sterile nichilismo e dall'edulcorato laicismo), intesa come l'espressione più alta della libera religiosità dell'individuo e il fondamentalismo di chi vorrebbe generalizzare scelte impositive, coercitive.
Dai costumi sociali alla ricerca scientifica, dai rapporti lavorativi all'assetto normativo statuale, occorre sprigionare forze liberali e non strumentalmente restrittive: "il nuovo individualismo a cui guardare non è", afferma Capezzone, rileggendo le teorie leibniziane, "quello di monadi impenetrate e impenetrabili, ma di centri capaci di relazionarsi, in un tessuto di interdipendenze e rapporti che siano però -quanto il più possibile- il frutto di scelte e non di mediazione proposte/imposte dalle entità collettive che hanno dominato la scena del secondo Novecento". La politica può e deve ripartire da qui.

Data: 
Sabato, 19 July, 2003
Autore: 
Fonte: 
L´OPINIONE
Stampa e regime: 
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