ROMA - All'ottavo giorno di digiuno totale, non basta l'aranciata sorseggiata l'altra notte da Marco Pannella per sbloccare l 'impasse sul provvedimento di amnistia che i partiti maneggiano ancora con molto timore. Il leader radicale non sta bene. Ma il colpo di scena arriva in tarda serata su Radio radicale . Telefona, poco dopo le 23, il presidente del Senato Marcello Pera e annuncia che oggi convocherà i capigruppo del Senato e solleciterà l'esame urgente del testo di legge. Ha poi aggiunto che per lui «i tempi per un'amnistia sono maturi». Pannella ha subito replicato: «È un atto politico, un gesto importante. Rifletterò seriamente. Sono fiducioso. A questo punto parlo con i medici». La notte precedente il leader dei Radicali aveva ricevuto una telefonata del premier Silvio Berlusconi («Si è informato sulla mia salute») ma, nonostante l'allarme lanciato dai medici, aveva deciso di continuare la sua battaglia con una sfida al Parlamento: «Vado avanti, fino a quando non sarà fissata la data del voto sulla legge. Voglio crepare, se necessario, anche se da non violento adoro la vita». Pannella dice questo all'ora di cena, quando si collega con il Tg4 di Emilio Fede. Ma poi il suo filo diretto continua dai microfoni di Radio Radicale per ricordare a tutti che lui è lucido, consapevole dei rischi cui sta andando incontro il suo corpo: «So che i medici hanno annunciato che il persistere del mio rifiuto li costringe a dimettersi dal loro incarico. L'ottavo giorno non l'avevo mai raggiunto, ma io, in coscienza, ho deciso di andare avanti».
Il tempo scorre e le condizioni generali di Pannella peggiorano ma, dopo la grandissima emozione suscitata dalla morte del Santo Padre che nel 2002 aveva chiesto al Parlamento italiano un gesto di clemenza per i detenuti, i partiti tornano a ragionare con freddezza, calcolando l'impatto che un simile provvedimento avrebbe sull'elettorato in vista della sfida tra i Poli del 2006. E, visto che l'indulto e l'amnistia possono essere approvati solo con i due terzi dei voti espressi dalle Camere, tutto il dibattito appare molto lontano dal punto di svolta.
Il fronte del no più intransigente, cioè quello di chi rifiuta in partenza ogni ipotesi di clemenza generalizzata, schiera la Lega e buona parte Alleanza nazionale: «Eravamo e siamo nettamente contrari perché il problema del sovraffollamento delle carceri si risolve costruendo nuove prigioni», conferma Carolina Lussana (Lega) mentre il senatore Luigi Bobbio (An) parla «di provvedimento devastante in un momento in cui l'aggressione della criminalità di fa più pesante». Il ministro Gianni Alemanno (An), invece dà ragione a Pannella: «Stavolta sono con lui».
Ma anche nel centrosinistra c'è un partito giustizialista rappresentato da Antonio Di Pietro (Italia dei Valori) che non vuole cedere ai ricatti in nome della volontà espressa da Giovanni Paolo II: «La Chiesa e Gesù ci hanno insegnato che viene prima il pentimento e poi il perdono ma qui c'è chi vuole autoassolversi senza pentirsi». Insiste Di Pietro: «C'è chi approfitta delle parole del Papa per cercare un altro salvacondotto dopo tante leggi ad personam ». Così, con la solita schiettezza, Di Pietro punta i riflettori su un particolare non secondario. Se si farà, quanto sarà ampio questo provvedimento di clemenza? Quali reati includerà? E proprio su questi questi binari si sta sviluppando il confronto a distanza tra Forza Italia e i Ds, i due partiti maggiori pronti a dire di sì all'amnistia ma ciascuno con le sue condizioni. Dentro Forza Italia, oltre alla posizione favorevole più volte esposta da Silvio Berlusconi, ha rotto gli indugi anche il ministro dell'Interno Beppe Pisanu secondo il quale «alcune riserve sono state superate». E da ultimo una dichiarazione del numero due del partito, Cicchitto: «Anche sulla base del disegno di legge presentato da Luigi Compagna e da altri senatori, esistono le condizioni per un provvedimento di amnistia che in Italia non viene varato dall'89». Da quando è necessaria la maggioranza dei due terzi.
Il ddl indicato da Cicchitto è quello firmato da Francesco Cossiga, da Giulio Andreotti, da Emilio Colombo e anche da alcuni senatori dei Verdi e di Rifondazione comunista: il testo prevede un'amnistia e un indulto di quattro anni senza specificare quali sono i reati che sarebbero esclusi dal provvedimento. Per questo, Massimo Brutti, responsabile Giustizia dei Ds, parla di un testo troppo generico che non prevede paletti chiari per i reati di mafia: «Non siamo contrari ad aprire subito un confronto sul tema dell'amnistia ma, prima, ciascuna forza politica de ve dire chiaramente qual è la sua posizione e noi lo faremo molto presto proponendo una proposta dell'Unione. Altrimenti si rischia solo di creare false illusioni tra i detenuti».
Il primo appuntamento, dunque, è per domani alla Camera. In commissione Giustizia toccherà al presidente Gaetano Pecorella (FI) fare un giro di tavolo per capire se, stavolta, c'è la possibilità di raggiungere quella maggioranza dei due terzi che in 15 anni non si è mai materializzata.
Dino Martirano