You are here

Al seggio di Bamiyan con Emma Bonino «Qui qualcosa sta finalmente cambiando»

Testo: 

L’europarlamentare: «Nella città dei Buddha distrutti oggi c’è la prima donna governatore»

DAL NOSTRO INVIATO
BAMIYAN - L'ex elicottero militare russo ha minimo vent'anni di onorata e perigliosa carriera su e giù dalle montagne e dalle piste in terra dell'Afghanistan. Il problema è che sembra anche più vecchio. Ammaccato sulla carlinga, intriso di polvere in ogni fessura, rappezzato alla meglio è l'unico mezzo che la Missione degli Osservatori dell'Unione europea aveva a disposizione per andare a Bamiyan. Gli ex mujahedin che lo catturarono ai sovietici e ora lo affittano come charter hanno steso tappeti sulle panche in onore dei prestigiosi ospiti. Ma al momento del rientro a Kabul pilota e copilota sono stesi sotto il rotore, con le mani sporche d'olio, a lottare con il sistema di accensione. Le nicchie vuote dei buddha giganti distrutti dai talebani restano sullo sfondo. Emma Bonino, capo della Missione inviata dall'Ue per le elezioni parlamentari afghane di oggi, sospira come tutti all'idea di dover volare ancora un'ora su questo «coso». «A volte penso: ma chi me lo fa fare?».

Emma Bonino (deputata europea per i radicali) è arrivata in Afghanistan a luglio per vigilare sulla correttezza del voto. L'Ue le ha affidato uno staff di 160 persone e un budget di 4 milioni di euro. A Bamiyan ha incontrato 4 candidati e l'unico governatore donna dell'Afghanistan, Habiba Sorobi. E' anche entrata in un seggio, quello maschile, dove in un angolo qualcuno si stava ancora registrando e dove, assicurano, si voterà senza problemi. La Bonino e i suoi osservatori in questi mesi hanno fatto quasi tutto quel che potevano fare. Sono stati nelle province «sicure», hanno aperto uffici dove il rischio di essere rapiti o uccisi è relativo, hanno incontrato politici e leader di vario genere per capire in che mondo fossero capitati e quali rischi corressero elettori, candidati e schede.

«A Faisabad - racconta - ci siamo dovuti arrampicare come capre sui bricchi perché i ponti sono stati spazzati via da un'alluvione. Un'altra volta abbiamo dovuto fare anticamera da un governatore corrotto perché era l'ora della sua pennichella. Ma qualche soddisfazione me la sono tolta. Come quando, a Kandahar, davanti al fratello del presidente Hamid Karzai, in un'atmosfera di totale ipocrisia, ho puntato il dito e ho chiesto perché "tu, voi, coltivate l'oppio?" Mi hanno risposto che è la povertà, l'indigenza a costringere gli afghani alla coltivazione. Storielle. Da dove vengono allora tutte le jeep corazzate e le scorte super armate che aspettavano quei signori seduti di fronte a me. E' stato Ciro, uno dei due Carabinieri che mi hanno dato per protezione, a spiegarmi che persino loro, che sono del Tuscania, non hanno fucili così potenti e sofisticati».

Sarà corretto il voto di oggi? Alla capo Missione Ue non piace rispondere. Fa capire che non è questo il punto. Le chiedi dei signori della guerra, del traffico di droga, della corruzione che dilaga dal governo centrale alle province; le chiedi dei poliziotti e delle milizie che condizioneranno le elezioni; della compravendita di voti, delle intimidazioni e delle grandi aree troppo pericolose per essere davvero controllate. E lei fa segno di sì con la testa. «E' la realtà. Non posso dire in quale misura, ma certo, queste cose accadono. Io non ho mai parlato di elezioni "free and fair"» libere e giuste.

E allora perché, a 57 anni, salire su un elicottero come quello, scalare i dirupi, mangiare con le mani, sfidare la resistenza intestinale? «Perché i potenti, qualunque sia l'origine del loro potere, hanno già tutto. Votare è una possibilità per cambiare. Io preferisco che Karzai vada una volta al mese davanti ai deputati a rispondere di quello che fa. Preferisco che esista una tribuna in cui qualche voce potrà farsi sentire e magari dalla prossima volta essere più forte. Preferisco questo al nulla».

Il Washington Post l'ha attaccata in un editoriale come una di quelli che «hanno condannato l'intervento americano… capace solo di portare alla morte milioni di afghani». «Ma che giornalismo è questo?» sbotta lei. «Meno male che avevo ancora il testo del mio intervento al Parlamento europeo dell'ottobre del 2001: "E' il momento di fare scelte difficili, non possiamo allearci con religiosi fanatici, ma con le democrazie che hanno la forza di proteggere i diritti umani"».

Quando i talebani la arrestarono per tre ore nel 1997, Ettore Mo scrisse per il Corriere di non meravigliarsi per il comportamento di «questa delirante schiera di guerrieri di Dio». Ma pochi, negli anni successivi, la seguirono nella sua battaglia contro il Mullah Omar. Fino al 9 settembre 2001. «Ho incontrato interpreti, autisti, candidati che si ricordavano di quell’episodio, che si erano sentiti incoraggiati dal sapermi in prigione come loro». Chissà, fra qualche anno, un parlamentare democratico si ricorderà di quei tremebondi osservatori Ue volati via da Bamiyan su un elicottero tenuto insieme dallo spago. «Senza ricostruzione, però, anche il voto più democratico non servirebbe a nulla. Spero il mondo se ne ricordi una volta applauditi i nuovi deputati».

Andrea Nicastro

Data: 
Domenica, 18 September, 2005
Autore: 
Fonte: 
Il Corriere della Sera
Stampa e regime: 
Condividi/salva