A Taishi, vicino a Canton, i contadini sono scesi in piazza contro il sindaco «corrotto»
DAL NOSTRO CORRISPONDENTE
PECHINO - In un villaggio del Sud, il ricco Guangdong, la cosiddetta «fabbrica del mondo» per la concentrazione di industrie che esportano in ogni angolo del Globo, la Cina fa un esperimento di democrazia. Alcuni avvocati impegnati nella difesa dei diritti umani parlano di una possibile «pietra miliare» nella storia del Paese. E il quotidiano di Hong Kong, il South China Morning Post , può chiedersi in prima pagina «La road map per la democrazia?». Da due mesi i contadini di Taishi, non lontano da Guangzhou (Canton), sono in rivolta e si sono impadroniti del loro villaggio perché chiedono la rimozione del corrotto sindaco e capo del partito locale.
La polizia e le squadre antisommossa li hanno circondati, ma per ora, dopo gli scontri di inizio luglio, hanno avuto ordine di controllare e non andare oltre. Pare che lo stesso premier Wen Jiabao, in visita nei giorni scorsi nella provincia, abbia predicato cautela e intelligenza.
Il fatto che la vicenda avvenga in un piccolissimo punto della carta geografica del gigante d'Asia non deve sorprendere e nemmeno condurre a frettolose conclusioni. In Cina spesso i grandi movimenti sono nati nella periferia. Nel 1988, in un altro villaggio, Xiangang nella provincia dell’Anhui, diciotto famiglie con l'impronta rossa del pollice destro misero la loro firma su un contratto che sperimentava il passaggio dal sistema della condivisione collettiva della terra alla responsabilità individuale di coltivazione. Finì che quel sistema si diffuse all'intero Paese.
Questa volta le riforme economiche hanno una marginale importanza nella vicenda. In gioco c'è il sistema della rappresentanza, il riconoscimento della legalità e il rifiuto dell'abuso di potere da parte del Partito comunista, infine la volontà del governo di dare un segnale di apertura e la condivisione delle proteste che a macchia di leopardo stanno avvenendo nella Cina rurale. A Taishi vivono un paio di migliaia di persone. E' una zona che le aziende cercano di colonizzare per impiantare le loro fabbriche. La terra costa poco e la manodopera ancora meno. I dirigenti del villaggio da un po' di tempo hanno deciso di vendere alcuni ettari, per la precisione 65 su 200, allo scopo di distribuire ai nuclei familiari un dividendo annuale che, fatti i conti, è di circa 120 dollari. Una miseria. Sembrava tutto filare liscio. Persino i più riluttanti si erano convinti. Senonché alcuni hanno cominciato a lamentare di non essere stati pagati. Poi altri hanno cominciato a dubitare sulla gestione dei ricavi sospettando che fossero di più di quelli dichiarati. Poteva essere una banale storia di malversazione. Invece si è trasformata in qualcosa di molto più serio.
A Taishi, come del resto nei minuscoli villaggi delle province, è stato da anni introdotto il sistema della elezione a scrutinio segreto dei responsabili della comunità. Pur non avendo il supporto della maggioranza, Chen Jinheng, numero uno del partito, si è insediato e si è impadronito della poltrona che gli attribuisce le funzioni simili a quelle di un sindaco. La cosa non è per niente piaciuta. C'è stata una prima petizione, firmata da quattrocento elettori: vattene. Nessuna risposta. Allora i contadini sono andati in piazza con i loro cartelli e si sono pure affidati a Internet per portare fuori dai confini del loro piccolo mondo le ragioni della protesta. Hanno occupato le strade attorno alla sede del «governo» del villaggio e non si sono più mossi. La polizia ha tentato di fermare 24 contadini ma a centinaia si sono mobilitati, così li hanno dovuti rilasciare. La vicenda di Taishi ha assunto dimensione nazionale. Avvocati e accademici di Pechino hanno portato solidarietà e aiuto al villaggio. Altri parlano di «esperimento in atto». L'esperto di legge costituzionale, Fan Yafeng, ha detto che «questo modello di democrazia diretta potrebbe allargarsi». Le autorità della capitale hanno di recente ammesso che nel 2004 i casi di piccole sommosse o piccole proteste registrate nel Paese sono stati 74 mila rispetto ai 58 mila del 2003. Una microconflittualità diffusa e silenziosa che ha ragioni diverse. Quella che muove i contadini di Taishi è scritta su un cartello esposto dall'inizio dell'estate davanti ai militari: «Mandate via i responsabili del villaggio, dateci i nostri diritti».
Fabio Cavalera