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Boselli insiste: sul Concordato il confronto non è chiuso

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«Sto con Romano ma sul programma faremo un’ira di dio. Bagdad? Non la penso come Emma»

ROMA - Squilla a più non posso il cellulare di Enrico Boselli. «Adesso sai quante pressioni: Ds, Margherita, Prodi...», ridacchia lui. Il telefonino gli ha dato tregua solo quando era a pranzo con i figli, ma giusto perché nel ristorante dove mangiavano non prendeva. Il leader dello Sdi, che in settimana (giovedì, probabilmente) vedrà Romano Prodi e Arturo Parisi per quello che in politichese si definirebbe un «chiarimento», non ha l’aria di chi intende tirarsi indietro dopo le polemiche sul Concordato. Anzi. «Non sarà possibile chiudere facilmente il confronto su questa questione», annuncia. Ma Prodi insisterà di sicuro, e a quel punto Boselli come potrà dirgli di no? «Io sto con Prodi, è ovvio, ma Romano non mi può chiedere cose che io non posso fare», replica lui, serafico. Ed è tranquillo anche quando aggiunge: «Noi sui programmi faremo un’ira di dio, se non altro perché non mi pare una grande pretesa chiedere al centrosinistra di difendere la laicità dello Stato: per noi è un punto dirimente». Il presidente dello Sdi ha l’aria mite, e mite lo è sul serio. Nel senso che non ama le sceneggiate. Ma è anche molto molto determinato. E poiché Prodi ha annunciato di voler discutere del programma con il Pr, il leader dello Sdi adesso chiede al candidato premier dell’Unione «che a tutti i tavoli programmatici del centrosinistra ci siano anche i radicali». Sarà contento Prodi, e quelli della Margherita e dell’Udeur, poi, saranno entusiasti. «Qualsiasi pregiudizio contro i radicali è anche un pregiudizio contro noi socialisti», taglia corto Boselli. Il quale mette in guardia Ds e Margherita e li invita a non creare «un’alleanza catto-comunista».

Lui che per il listone unitario si è speso, eccome, in passato, ora non ci crede più. È convinto che nella versione attuale sia una «scorciatoia tattica ed elettorale», perciò non ha intenzione alcuna di tornare all’ovile. E conferma che il superamento del Concordato non è una bizzarria o una sortita che odora di anticlericalismo d’antan. «È la presidenza della Cei - spiega calmo Boselli - che ha messo in crisi il Concordato - e lo ha fatto con tutti quei continui interventi nella politica italiana». Vabbé ma in un Paese libero e democratico potranno esprimersi anche le gerarchie ecclesiastiche, o no? «Certo, ma allora la presidenza della Cei diventa un attore politico che può ricevere critiche e fischi. Il Concordato vieta alle gerarchie ecclesiastiche di interferire nella politica italiana. Invece questo è accaduto. In compenso il nostro Stato, in virtù di quegli accordi, continua a garantire i finanziamenti alla Chiesa cattolica attraverso l’otto per mille, l’insegnamento della religione, ecc. Tre miliardi di euro l’anno...».

Insomma, di questa Italia «vigilata speciale da parte del Vaticano», Boselli non ne può più. E infatti il prossimo cavallo di battaglia sarà la difesa a oltranza della scuola pubblica. Anzi, per la verità, ai tavoli dell’Unione si sta già litigando perché una parte dell’alleanza non vuole che questo punto venga inserito nel programma di governo, mentre i socialisti stanno facendo il diavolo a quattro per spuntarla. «Come si vede - osserva ironico Boselli - non si tratta di anticlericalismo da fine Ottocento, come è stato detto, ma di concretissimi problemi che discendono dalla difesa della laicità dello Stato». Ma c’è chi nell’Unione - e non sono pochi - invita lo Sdi alla calma perché c’è il rischio che le gerarchie ecclesiastiche invitino gli elettori a votare per il centrodestra. Non sarebbe proficuo, no? «Non si può tacere per compiacere la Cei nella paura che poi Ruini dica di votare per la Casa delle Libertà. Basta con questa ipocrisia, per fortuna che ci siamo noi e i radicali, la rosa nel pugno, insomma, che difendiamo i valori della laicità dello Stato». L’alleanza tra il centrosinistra e i radicali, però, rischia di diventare esplosiva. Le differenze sono molte e sono foriere di nuove grane per l’Unione. «Finiamola - dice Boselli - con la storia delle differenze insormontabili tra il centrosinistra e i radicali. Stupidaggini. Nell’Unione ci sono due partiti comunisti, uno ortodosso che ha addirittura rinnovato la sua stima e solidarietà a Fidel proprio quando alcuni dissidenti cubani venivano condannati a morte. E allora io chiedo: Rutelli è più vicino a Oliviero Diliberto o a Marco Pannella?». Ah, saperlo. Però di differenze ce ne sono anche tra Sdi e Pr. Emma Bonino, per esempio, ha detto che gli americani devono restare in Iraq. «Anche io - afferma Boselli - penso che non si possa abbandonare l’Iraq per lasciarlo prigioniero del terrorismo, ma al contrario di Bonino ritengo che lì debba rimanerci una forza multilaterale e non gli Usa».

Insomma, per Boselli le differenze sono superabili, però i suoi alleati sono preoccupati: «Ma noi - puntualizza il leader dello Sdi - abbiamo fatto tutto alla luce del sole. E alla prima convenzione con i radicali abbiamo steso nero su bianco i 31 punti programmatici su cui si basava la nostra alleanza. E non c’erano solo quelli attinenti alla laicità dello Stato, c’era anche l’amnistia, per esempio». Un altro tasto dolente per l’Unione. «Comunque, non torniamo indietro: per noi la laicità è un punto dirimente. Non possiamo tacere per compiacere la Cei, ma neanche per compiacere Prodi e i nostri alleati», ribadisce Boselli, con voce piana ma risoluta.

Maria Teresa Meli

Data: 
Martedì, 1 November, 2005
Autore: 
Fonte: 
Corriere della Sera
Stampa e regime: 
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