di Adriana Cerretelli
Un compromesso tra socialisti e popolari, le due forze dominanti al Parlamento europeo, ha ammorbidito notevolmente la direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi nella Ue, cancellandone la norma più controversa: il principio del Paese d'origine, secondo cui chi presta servizio (impresa o lavoratore autonomo) in uno Stato straniero rimarrebbe però soggetto alle regole del Paese di provenienza.
È la misura che aveva contribuito al no alla Costituzione europea da parte dei francesi, che temevano un'"invasione" di idraulici polacchi a basso costo. L'intesa Pse-Ppe dovrà ora ripassare al vaglio della Commissione e del Consiglio Ue.
Almeno sulla carta, il progetto di liberalizzazione dei servizi in Europa volta pagina: ripudia il cosiddetto principio del Paese d'origine per appoggiarsi alle varie legislazioni nazionali vigenti, debitamente modificate per eliminare gli ostacoli che chiudono i mercati europei alla concorrenza. Come dire che il famoso idraulico polacco potrà andare dove vuole, in Francia, Italia o Germania ma dovrà rispettare le stesse regole del suo concorrente in loco, dal diritto del lavoro alla legislazione sulla tutela dell'ambiente, dei consumatori e così via.
Questo il senso dell'accordo raggiunto ieri a Bruxelles da popolari e socialisti, i due pesi massimi dell'Europarlamento. E che nel caso specifico possono contare anche sul sostegno di parte dei liberali (francesi e italiani della Margherita). Contro, per ragioni diverse, si sono invece espressi verdi, comunisti, nazionalisti ed euroscettici. «Basta contrapposizioni di principio. Nel testo non c'è più né il Paese di origine né quello di destinazione. Invece abbiamo definito gli ostacoli alla libera prestazione dei servizi che vanno eliminati negli Stati membri» ha annunciato il relatore, la socialista tedesca Evelyne Gebhardt. «È un compromesso accettabile da cui esce una direttiva più coerente con le riforme di Lisbona, che favorisce il completamento del mercato interno ma mantiene un minimo di coesione sociale in Europa» ha osservato Antonio Panzeri, Ds.
«L'accordo - ha detto Mario Mauro, di Forza Italia, per i popolari - salvaguarda i valori del l'economia sociale di mercato. Non porterà un'apertura immediata ma servirà a capire se le imprese potranno lavorare in condizioni meno rigide e se in questo modo si potranno evitare delocalizzazioni» . Per la verde Monica Frassoni, invece, «il testo non dà la certezza del diritto perché presenta troppi buchi neri che consentiranno a ogni Paese di riempirli come vuole».
Sarà l'Europarlamento in plenaria a Strasburgo, sotto la pressione di manifestazioni che si annunciano poderose, a decidere il 16 se prendere o lasciare la "terza via" per la liberalizzazione dei servizi. Se sarà sì, il testo tornerà in mano a Charlie McCreevy, commissario al Mercato interno. Dopo di che, se sposerà la versione snaturata della vecchia Bolkestein presentata all'inizio del 2004, la parola tornerà al Consiglio dei ministri. E poi ancora all'Europarlamento per il sì finale. Una strada lunga molti mesi nella migliore delle ipotesi.
Originariamente il prestatore di servizi avrebbe dovuto potersi spostare e lavorare in un altro Paese della Ue in base alle norme del suo Paese d'origine. Mettendo inevitabilmente sotto pressione salari e garanzie dello Stato sociale di accoglienza. Il modello Bolkestein ora non solo viene affossato ma l'accordo Ppe-Pse cambia completamente l'approccio. Il nuovo articolo 16 del progetto di direttiva stabilisce che «uno Stato membro dovrà assicurare libero accesso ed esercizio di un'attività di servizio sul suo territorio». Potrà sottoporla a limiti purché rispettino i principi di non discriminazione, proporzionalità e necessità (sicurezza pubblica, protezione della salute e dell'ambiente). Inammissibili invece le restrizioni alla libera offerta di servizi che impongano: l'obbligo di avere una sede nel Paese di attività o di ottenere dal Paese un'autorizzazione o documenti d'identità; limiti all'uso di materiali e macchinari.
Ciò non impedirà agli Stati di imporre condizioni alla prestazione di servizi per ragioni di sicurezza pubblica, politica sociale, protezione dei consumatori, ambiente e salute pubblica. Nonché di applicare la normativa del lavoro, compresa quella sulla contrattazione collettiva. Entro 5 anni dalla sua entrata in vigore, Bruxelles presenterà un rapporto sull'applicazione della direttiva per decidere se procedere all'armonizzazione delle leggi sui servizi liberalizzati in Europa.