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Art. 18, premier in campo: «Disertate il voto»

Testo: 

Mossa a sorpresa in Lussemburgo: il Cavaliere annuncia che farà campagna elettorale per far fallire il referendum
E il ministro del Welfare Maroni fa intravedere la possibilità di una riforma sui licenziamenti: «Ma le parti sociali raggiungano un'intesa»
Immediate bordate dalle opposizioni. Bertinotti: teme i lavoratori

ROMA Silvio Berlusconi annuncia che scenderà direttamente in campo per far fallire il referendum del 15 e 16 giugno sull'articolo 18. Con una mossa a sorpresa, che accende i riflettori su una consultazione a rischio quorum, il presidente del Consiglio dice che farà «campagna per una astensione motivata dagli effetti negativi e distorsivi ove il referendum raggiungesse il quorum o la maggioranza per il sì».
Immediata la replica del leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti che si appella a quella parte maggioritaria dell'Ulivo decisa a far naufragare il referendum. «Berlusconi - afferma Bertinotti - scende in campo individuando nel referendum sull'articolo 18 il suo principale avversario. Da questo punto di vista, non si può dargli torto. Sul referendum, i lavoratori possono vincere e Berlusconi può subire la sua prima importante sconfitta. Possibile che i partiti principali del Centrosinistra perseverino nell'errore anche di fronte a questo fatto?».
Una promessa per un sì gli arriva da Antonio Di Pietro. Il leader dell'Italia dei Valori si dice contrario al referendum, ma visto che si vota per lui la questione è se «stare dalla parte dei lavoratori o dei padroni: e io sono stato sempre dalla parte dei più deboli».
Per Cesare Salvi, sinistra Ds, le parole di Berlusconi a favore dell'astensione sono un attacco all'istituto del referendum. Ma il portavoce di Forza Italia Sandro Bondi gli replica di prendersela con i Ds e con Cofferati, schierati per il non voto.
«Salvi non se la prenda con Berlusconi, ma innanzitutto con i suoi stessi compagni di partito che per primi si sono pronunciati contro il referendum sull'art.18»: questa la replica del vicepresidente dei deputati di Fi Fabrizio Cicchitto. «Ancora una volta - conclude - la sinistra cerchi di mettersi d'accordo con se stessa invece di puntare solo a demonizzare l'avversario».
Il ministro del Welfare Maroni fa intravedere la possibilità di una riforma dell'articolo 18 in caso di vittoria del no: «si potrebbe pensare a una modifica dell'articolo 18, ma solo se le parti sociali che hanno firmato il Patto per l'Italia sono d'accordo. Ma senza quorum non c'è motivo di cambiare».
Maroni ha così risposto al leader degli industriali, Antonio D'Amato, per il quale dopo il 15 giugno si potrebbero creare le condizioni per un intervento più strutturale sull'articolo 18. «Il Patto per l'Italia - ha detto Maroni - è un patto che è stato firmato dal Governo e da 36 organizzazioni. Dunque, non può essere modificato unilateralmente. Certo, se c'è un accordo tra tutte le parti sociali per modificarlo, allora il Patto si può cambiare. Ma questo - ha aggiunto il ministro - solo se al referendum del 15 giugno dovessero vincere i no. Questo sarebbe un segnale molto forte grazie al quale si potrebbe pensare a una modifica dell'articolo 18, sempre previo consenso delle parti sociali. Ma se il referendum non raggiunge il quorum - ha spiegato Maroni - non ci sarebbe alcun motivo perchè il Governo proponga di ridiscutere il Patto per l'Italia».
a.g.

Data: 
Domenica, 25 May, 2003
Autore: 
Fonte: 
IL PICCOLO
Stampa e regime: 
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