UDINE. Il progetto di Riccardo Illy, la riforma sulle professioni, ha sicuramente un pregio, quello di aver abbandonato la scelta consociativa tra i rappresentanti della politica e gli ordini professionali, che impedisce ogni ammodernamento del settore terziario.
Il riconoscimento da parte della giunta Illy delle professioni non regolamentate va in controtendenza rispetto alle posizioni assunte da quasi tutti i partititi politici da sempre sottomessi ai diktat delle varie corporazioni sindacali e in questo caso professionali. Lo sostiene Stefano Santarossa, presidente dei radicali friualani. A livello nazionale - insiste - l'attuale governo, che si richiama a principi liberali, anche in questo campo è invece garante dell'attuale regime protezionista del settore dei servizi. La condiscendenza mostrata dal centro destra verso gli ordini professionali ingessa ogni possibile sviluppo del settore.
Le norme imposte dagli ordini limitano l'accesso alle libere professioni, fissano tariffe e vietano la pubblicità. «I mestieri in Italia - si legge ancora - sono ancora dei feudi, che si passano di padre in figlio, in questo modo vengono penalizzati i giovani neolaureati, costretti a superare esami di Stato controllati dagli ordini professionali, che hanno tutto l'interesse a bloccare l'ingresso a nuovi competitori nel mercato del lavoro. Gli ordini non soltanto impediscono l'ingresso ai più giovani, ma condizionano il mercato, favorendo comportamenti privati anticompetitivi».